malattia comporto inabilità licenziamento

Pubblicato in: Argomenti vari

  • Partecipante
    claudiochekevar del #44772

    Buongiorno, cerco aiuto per chiarire come si può correlare il periodo di comporto alla facoltà del datore di lavoro di sottoporre a visita collegiale e quindi a licenziare, qualora ricorrano le condizioni, il lavoratore.
    Racconto il mio caso pratico : lavoratore del settore privato ( bancario ) impresa con migliaia di dipendenti . attualmente invalido civile al 67% ma con richiesta di aggravamento in corso probabile riconoscimento di oltre l’80% ( diritto alla pensione a 60 anni).
    Sono invalido da un decennio ma un aggravamento nel mese di giugno 2013 ha comportato l’astensione dal lavoro per svariati mesi continuati (cosa mai successa fino ad allora). E rientrato al lavoro mi assento ogni mese per un certo numero di giorni per malattia e altri per ferie e attualmente lavoro circa sei sette giorni al mese. Ho timore non per il comporto ma della visita collegiale ai fini del licenziamento.
    Ai fini del comporto (frazionato) ho 600 giorni di malattia in 4 anni e spero di riuscire a risolvere i problemi di salute o comunque di non superare il numero di giorni previsti.
    Se non erro per le categorie degli invalidi civili superiori al 60% la visita collegiale viene sostituita da richiesta del datore direttamente alla commissione invalidi per avere lumi sulla riduzione della capacità del suo lavoratore. Adesso il rischio è che, mentre il periodo di comporto mi tutela, l’avere l’invalidità civile diventa controproducente lasciando al datore di lavoro la possibilità di licenziamento (supponendo il caso di invalidità superiore all’85%) se questi dimostri l’inidoneità (vedi invalidità che più alta è e peggio diventa), assieme all’ impossibilità di reimpiego utile in altre attività di pari o anche inferiore livello. E’ possibile che io venga riconosciuto invalido con maggior percentuale di invalidità e invece di essere tutelato in quanto più giustificato nelle assenze, come conseguenza possa più facilmente essere licenziato proprio per le assenze. Cioè se mi assento per malattia e non ho una invalidità non corro rischi (dipende dalla patologia che deve emergere in sede di visita collegiale), se invece mi assento e sono invalido corro il rischio del licenziamento ancor più se maggiore è il livello di invalidità. E non sarei neanche pensionabile a differenza di quanto accade nel sistema pubblico. Se qualcuno può correggermi e illuminarmi se ho male inteso e sono fuori strada nei ragionamenti.

    Partecipante
    claudiochekevar del #48384

    DI nuovo, visto che il messaggio viene letto ma ancora nessuno ha risposto, aggiungo delle considerazioni:
    😀 Le leggi (o i contratti collettivi) tutelano i disabili (invalidi meglio) e li avvantaggiano:
    liste di collocamento, % obbligatorie degli assunti tra le categorie protette, pensione anticipata a 60 anni se la % di invalidità supera il 80% e comunque pensione anticipata se la percentuale di invalidità supera il 75%.Oltre a privilegio nell’assegnazione della sede (intrasferibilità precedenza nella turnazione dei piani ferie etc.)
    😀 Le leggi (o i contratti collettivi) tutelano i casi di malattia del lavoratore con il diritto alla conservazione del posto stabilendo un certo periodo di comporto solo superato il quale si può procedere al licenziamento.
    😈 ❓ 👿 😥 Stabilito questo, però, più il lavoratore diventa inabile, e più si assenta dal lavoro per motivi di salute, e, perchè no, più cerca di fare valere dei diritti quali l’assegnazione alla sede di lavoro più vicina alla propria residenza, PIU’ SI CREA PER L’AZIENDA UN MOTIVO SEMPRE PIU’ VALIDO per motivare il licenziamento (eventuale ma possibile) per venuta meno della sinallagmaticità del contratto di lavoro ovvero venir meno degli impegni contrattuali di una delle due parti: la prestazione del lavoratore.
    Almeno nel pubblico impiego si addiviene alla acquisizione del diritto alla pensione (mi sembra con 15 anni di servizio) nel privato con 22 anni di servizio e con 48 anni di età se stai bene o se stai male devi andare al lavoro, e se sei, come nel mio caso invalido e handicappato (legge 104) ancora peggio.E se ti aggravi non ti resta che accendere un cero ………….. e pregare di non stare ancora peggio …….. Chi lo porta il pane ai miei figli?? scusate ………..ho trasceso……
    Desidererei il parere di un esperto ….

    Partecipante
    claudiochekevar del #48385

    Pronto…? c’è nessuno …?
    direi che me la suono me la canto e, adesso, ultimo intervento, me la ballo. 😀 😮
    Il quesito, in sintesi voleva essere: conviene ad un lavoratore invalido chiedere l’aggravamento e a un lavoratore non invalido chiedere il riconoscimento dela invalidità per godere di qualche beneficio ( vedi l’andare in pensione qualche anno prima ma con meno contributi)??
    L’eventualità di doversi assentare per un periodo non ben definito a causa delle stesse malattie invalidanti potrebbe essere una giusta causa di licenziamento se correlata alle malattie invalidanti e inabilitanti e se riccorrano le condizioni previste da legge? In questa giusta causa il datore dovrebbe dimostrare la riduzine della capacità lavorativa e potrebbe essere controproducente chiedere all’inps di certificare una invalidità che più alta è e meglio sembrerebbe essere. Ma per chi per il lavoratore o per il datore?
    Saluti

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