mobbing o no!!

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  • Partecipante
    elena1979 del #44069

    Ciao sono una responsabile di un discount , nell’ultimo anno sono cambiati piu capi , e mi ritrovo ad avere un superiore che tutte le volte che fa visita in negozio fa di tutto per discriminare il lavoro da noi svolto , e addossandomi tutta la responsabilita .
    Io settimanalmente faccio una cinquantina di ore di lavoro e ho sempre fatto del mio meglio ma purtroppo non mi vengono dati i mezzi necessari per il raggiungimento degli obbiettivi da loro richiesti e a fine mese non mi viene nemmeno retribiuto il premio , in quanto è stato messo ad un livello irraggiungibile, poi rispetto ad un’anno e mezzo fa avevo a disposizione un tot di ore settimanali per la gestione , e attualmente queste ore sono rimaste le stesse e a volte anche diminuite ma i lavori richiesti sono triplicati !!!
    Personalmente questa situazione mi sta creando molti disagi a livello di stress e a livello fisico , una mattina mi hanno dovuto portare di urgenza al prontosoccorso e mi hanno diagniosticato una gastrite acuta.
    Mi è anche stato imposto di presentarmi a lavoro nella mia mezza giornata di riposo.
    Vorrei sapere se si tratta di mobbing oppure no !!! E come posso affrontare la situazione !!!

    Amministratore del forum
    Antonio Maroscia del #45712

    Ciao Elena, il mobbing è molto difficile da dimostrare, te lo dico da subito, però non è impossibile. Molto dipende dai tempi e dai modi in cui si agisce. Per prima cosa per evitare conseguenze psico-fisiche conviene far capire al datore di lavoro o superiore che la situazione è diventata inaccettabile, con un discorso chiaro in cui indichi i disagi e i problemi riscontrati. So che non è facile, ma la tua situazione di responsabile te permette e anzi te lo impone. Immagino che anche il tuo superiore abbia dei superiori… quindi non voglio giustificarlo, ma credo che il rapporto diretto sia indispensabile in questi casi.

    Ovviamente se con le buone non si ottiene niente si può sempre passare alla fase successiva, in quel caso avrai bisogno di rivolgerti ad un legale, esperto in lavoro o ad un sindacato.

    Questa è la mia idea, ma non conoscendo bene la situazione non vorrei parlare a sproposito!!

    Partecipante
    elena1979 del #45713

    Purtroppo anche ai piani alti si trova la stessa situazione …anzi da come si puo capire è propio da li che parte tutto!!!!
    Con i sindacati ho già parlato ma come sempre dicono che risolveranno il problema e poi invece non fanno nulla ….purtroppo nel mio caso è come mettersi contro un colosso senza speranze di vincere…sinceramente non so più da che parte andare a sbattere la testa !!
    Penso che se non riuscirò a trovare un ‘altro posto di lavoro finirò col avere un esaurimento!!! e sarà allora che mi rivolgerò ad un legale anche perchè non navigo nell’oro visto che con mutuo e figlioa carico spesso non arrivo a fine mese…

    Membro
    carla binci del #45714

    elena, nessuno ti può dare la soluzione, ma devi cercare di non cadere nella trappola e cioè ammalarti!
    se ti è possibile, ogni volta che hai difficoltà oggettive a svolgere i tuoi compiti per mancanza di tempi o mezzi fai una mail semplice dove spieghi la tua difficoltà concreta (conserva le mail).
    se non rispondono continua, ma usa poche e chiare parole.
    lavora bene , ma non ascoltare le provocazioni. 😐

    Partecipante
    gabrieledagostino del #45715

    Benché venga spesso utilizzato il concetto di mobbing quale espressione per definire ogni situazione di malessere e disagio sul luogo di lavoro, nell’ambito clinico ed anche – più recentemente – nel panorama giuridico (prevalentemente giurisprudenziale ma anche normativo) si vanno sempre con maggiore precisione delineando figure differenti e maggiormente specifiche a descrizione delle varie situazioni di conflittualità lavorativa che danneggiano il lavoratore, ma anche l’organizzazione aziendale così come, in senso più ampio, la collettività.
    Una tra queste è lo straining, categoria mutuata anch’essa dalla scienza medica e così sintetizzabile: mentre il mobbing è una situazione lavorativa di conflittualità sistematica, persistente ed in costante progresso, in cui una o più persone vengono fatte oggetto di azioni ad alto contenuto persecutorio da parte di uno o più aggressori in posizione superiore, inferiore o di parità, con lo scopo di causare alla vittima danni di vario tipo e gravità, lo straining, in via parzialmente coincidente ma in parte diversa, è “una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima subisce almeno una azione che ha come conseguenza un effetto negativo nell’ambiente lavorativo, azione che oltre ad essere stressante, è caratterizzata anche da una durata costante. La vittima è in persistente inferiorità rispetto alla persona che attua lo straining (strainer). Lo straining viene attuato appositamente contro una o più persone, ma sempre in maniera discriminante” (Ege, Oltre il mobbing, Straining, Stalking ed altre forme di conflittualità sul posto di lavoro).
    Secondo la giurisprudenza l’obbligo contemplato dalla norma non è circoscritto al rispetto della legislazione tipica della prevenzione, implicando altresì il dovere dell’azienda di astenersi da comportamenti lesivi dell’integrità psico-fisica del lavoratore. La disposizione richiamata, nella interpretazione comunemente accolta, si ispira al principio del diritto alla salute, inteso nel senso più ampio, bene giuridico primario garantito dall’art. 32 della Costituzione e correlato al principio di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c.
    Anche la vittima di straining può incorrere in serie difficoltà a livello esistenziale fino ad arrivare a disturbi di adattamento e/o patologie di tipo cronico. Occorre dunque che la stessa affronti un percorso clinico tramite centri specializzati nelle patologie legate allo stress ed alle disfunzionalità organizzative e/o tramite figure professionali quali lo psicologo, lo psicoterapeuta, lo psichiatra.
    E’ di estrema importanza che – in caso di assenze per malattia – la diagnosi del medico di base, pur sintetica (ad es. depressione, ansia, attacchi di panico, ecc.) attesti – se ricorrono gli estremi – che la patologia è riconducibile al contesto lavorativo (e dunque, ad es.: depressione reattiva a problematiche in ambito lavorativo).
    Sul piano legale è importante rivolgersi al sindacato o ad un avvocato giuslavorista specializzato in casi di disfunzionalità.
    E importante, relativamente ai tempi, affrontare il percorso clinico contestualmente (o antecedentemente) a quello legale.
    L’azione risarcitoria si prescrive in dieci anni, trattandosi di responsabilità contrattuale (legata alla violazione dell’art. 2087 c.c.). Naturalmente è consigliabile attivarsi tempestivamente, sia per prevenire l’aggravarsi dei danni, sia per ragioni pratiche-processuali: in cause in cui le testimonianze sono di fondamentale importanza, il trascorrere del tempo rischia di far perdere memoria storica ai testimoni e rischia dunque di compromettere la buona riuscita della causa.

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